“Wonder woman”. Contro la violenza di genere il Teatro Stabile dell’Umbria apre il Teatro Morlacchi a un prezzo simbolico

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“Wonder woman”. Contro la violenza di genere il Teatro Stabile dell’Umbria apre il Teatro Morlacchi a un prezzo simbolico

04.04.2025

Alla luce dei recenti numerosi casi di femminicidio – solamente in Umbria tre donne uccise dall’inizio del 2025 – il Teatro Stabile dell’Umbria in occasione dello spettacolo Wonder woman, l’opera diretta da Antonio Latella che attraverso quattro straordinarie giovani attrici dà voce alle troppe donne vittime di violenza, sceglie di aprire l’intera sala del Teatro Morlacchi di Perugia al pubblico al prezzo simbolico di 10 euro e di 1 euro per gli studenti e le studentesse (lo spettacolo era previsto al Ridotto, quindi con una limitata disponibilità di posti, ed era sold out per tutte le repliche).
Consapevole della propria responsabilità culturale e sociale nel territorio e riconoscendo l’importanza di partecipare al dibattito pubblico, il TSU si impegna a promuovere una riflessione profonda sull’attualità e sull’urgente necessità di contrastare la sopraffazione di genere, tramite il linguaggio teatrale.
In un tempo in cui i fatti di cronaca ci impongono di non distogliere lo sguardo, vogliamo invitare il pubblico a partecipare a un atto di condivisione. Perché raccontare è già un primo passo; perché questo non sia solo uno spettacolo ma un momento collettivo di consapevolezza e cambiamento.

Giovedì 10 aprile alle ore 15, presso il Salone d’Onore di Palazzo Donini di Perugia, incontro con la Compagnia moderato da Caterina Grechi Presidente del Centro per le Pari Opportunità della Regione Umbria. Con la partecipazione della Presidente della Regione Umbria Stefania Proietti e della Sindaca del Comune di Perugia Vittoria Ferdinandi.

Wonder woman di Antonio Latella e Federico Bellini, per la regia di Latella, con Maria Chiara Arrighini, Giulia Heathfield Di Renzi, Chiara Ferrara, Beatrice Verzotti.
Nel 2015, ad Ancona, una ragazza peruviana è con ogni probabilità vittima di uno stupro di gruppo; con una sentenza che suscitò molto scalpore, le giudici della Corte d’Appello chiamate ad emettere una sentenza sul fatto decisero di assolvere gli imputati con motivazioni quantomeno discutibili. Secondo le giudici, la ragazza risultava “troppo mascolina” per essere attraente e causa di violenza sessuale. La Corte di Cassazione, fortunatamente, ha ribaltato il giudizio condannando i ragazzi autori dello stupro; eppure rimane nella memoria il precedente indelebile di un giudizio emesso per ragioni che fanno riferimento all’estetica della vittima, in un singolare rovesciamento in cui pare che la vittima stessa sia in pratica l’imputato, come fosse colpevole del proprio aspetto.
Lo spettacolo si muove da questa vicenda ripercorrendone i contenuti essenziali e affidando a quattro giovani donne il racconto, immaginato e teatralizzato, del caso giudiziario; Vichingo, questo il soprannome con cui, nella realtà, era chiamata dai ragazzi la vittima, diviene qui una Wonder Woman contemporanea in lotta per ristabilire una verità che viene continuamente negata, dove ogni incontro, dai poliziotti di quartiere alle giudici stesse, finisce per rafforzare l’idea di una comunità in cui non c’è spazio né per la pietà né tantomeno per la giustizia stessa. Un flusso di parole senza interruzioni che corre, palpita e a volte quasi s’arresta come il cuore della ragazza, sottoposta a continui interrogatori, richieste, spiegazioni che la violenza subita non può rendere coerenti, logiche e senza contraddizioni. Eppure, come la Wonder Woman disegnata e creata da William Marston, l’eroina di questo racconto teatrale non si darà mai per vinta, forte della della propria volontà interiore, qui metaforicamente simboleggiata dal lazo della verità, l’arma che costringe chiunque ne venga avvolto a non mentire. Lo stesso Marston che, oltre ad aver creato il fumetto della super-eroina figlia delle Amazzoni, è conosciuto per aver brevettato la cosiddetta “macchina della verità”; lo sforzo di una vita tesa a individuare le storture della società cercando di risolvere, se non di rimuovere, quel confine spesso troppo arbitrario tra verità e menzogna.
Antonio Latella e Federico Bellini



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