UN INVITO A IMMERGERSI NELLA NUOVA DANZA
Il Teatro Morlacchi si fa palcoscenico privilegiato per le più significative esperienze della nuova danza. Cinque appuntamenti che guardano lontano, aprendosi al pubblico di domani.
La rassegna ha preso il via il 12 novembre con <OTTO> di Kinkaleri e, dopo Bermudas di Michele Di Stefano / mk del 7 dicembre, si prosegue il 18 febbraio con Seeking Unicorns di e con Chiara Bersani. “Dell’Unicorno non si sa nulla. Le sue radici si sono perse nel susseguirsi di generazioni d’esseri umani distratti. Cosa succede se nell’immaginario collettivo appare una figura dai tratti mitologici eppure orfana di un mito che ne motivi e descriva l’esistenza? Nasce un simbolo. Fragile. Sradicato. Io, Chiara Bersani, alta 98 cm, mi autoproclamo carne, muscoli e ossa dell’Unicorno. Non conoscendo il suo cuore proverò a dargli mio il respiro, miei gli occhi. Di lui raccoglierò l’immagine, ne farò un costume destinato a diventare prima armatura poi pelle”.
Il 5 marzo è la volta di Beast without beauty di Carlo Massari. L’ennesimo sguardo: fermo, freddo, gelido, impietoso sulla società. Carlo Massari si ispira al teatro dell’assurdo di Samuel Beckett e al suo Giorni felici per raccontare la trappola della condizione esistenziale. In scena un autentico tuffo nel non-sense, un irriverente, cinico studio sugli archetipi della miseria umana, sull’inespressività, sulla spregevole crudeltà nelle relazioni interpersonali. Volti pallidi, figure esangui, disumanizzate e stremate che si affrontano in un algido duello; in palio c’è l’affermazione di un ruolo, un’identità, una posizione sociale, senza esclusione di colpi.
La rassegna termina il 1 aprile con Il mondo altrove di Nicola Galli. Una creazione coreografica in forma di rituale danzato, che celebra il moto di un mondo inesplorato e traccia un percorso ideale tra Occidente e Oriente. Dalla porta centrale avanzano quattro figure sciamaniche finemente adornate per condurre una cerimonia magica e senza tempo. Il movimento dei corpi e i lineamenti dei loro volti custodiscono e offrono al nostro sguardo il rituale di una possibile tradizione altra, agito all’interno di un confine circolare che delimita uno spazio del sacro e che raccoglie l’esito di una convivenza armonica tra habitat naturale e azione umana. Un lavoro liberamente ispirato ai rituali indigeni dell’America del Sud, ai simboli e alle tradizioni del teatro Nō giapponese e all’ossessiva, per certi versi mistica ed eccentrica, ricerca musicale del compositore Giacinto Scelsi intorno all’idea sferica del suono.
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