Mi chiamo forse, Alì

Mi chiamo
forse, Alì


“Alì dagli occhi azzurri / uno dei tanti figli di figli, / scenderà da Algeri, su navi / a vela e a remi. Saranno / con lui migliaia di uomini / coi corpicini e con gli occhi / di poveri cani dei padri / sulle barche varate nei Regni della Fame. Porteranno con sé i bambini, / e il pane e il formaggio…”.

All’inizio degli anni Sessanta, prendendo spunto da un racconto di Jean-Paul Sartre ambientato nel tempo e nei luoghi della guerra d’Algeria, Pier Paolo Pasolini scrive, alternando prosa e versi liberi, un racconto che non poteva chiamare diversamente: Profezia. Rimarrà l’unico suo testo ad avere questo titolo. Lui non ha avuto il tempo per vedere quanto presto si sia realizzata.

Allora, abbiamo provato il desiderio di raccontargli come stanno andando le cose, quasi gli stessimo scrivendo una lettera fatta di parole, canto e musica per, se così possiamo dire, aggiornarlo. Per chiedergli se ha davvero pensato che sia esistito, che mai potrà esistere, un Alì dagli occhi azzurri,  figura favolosa come un alieno. Se ci sia mai stato qualcuno con questo nome, questo destino e  questo sogno.


La Locandina

cantata ispirata a Profezia di Pier Paolo Pasolini
drammaturgia di Sandro Cappelletto
musica di Matteo D’Amico e dei Fratelli Mancuso

Enzo e Lorenzo Mancuso, voci e strumenti
Saria Convertino, fisarmonica bayan
Alessandra Montani, violoncello
Marouane Zotti e Sandro Cappelletto, voci narranti Fondazione Brunello e Federica Cucinelli
Teatro Stabile dell’Umbria  

Info


 





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