Memorie di
una cameriera
Nella vasta (e pressoché onnicomprensiva) tipologia teatrale di Ronconi, queste Memorie possono forse essere inserite nei ‘racconti’, quelle messinscene ampie (a prescindere dai metri-quadri) dove il piacere affabulatorio investe i personaggi e le loro parole non meno che le strutture, gli apparati e gli oggetti di scena. Vicine, se è lecito l’esempio, a quel Ruy Blas di Victor Hugo, avvincente come è Hugo e avviluppato in un labirinto di sipari atteggiati in ogni foggia e dimensione. Anche qui i tempi sono quelli della grande narrazione (ma forse si potrebbe in certi tratti serrarli), e c’è un ambiente claustrofobico di ‘interni’ (come è ovvio dato il tema), che respira e vive, anche quando non lo dà a vedere. Mobili su mobili riempiono la scena di Marco Capuana, su ogni parete compreso il soffitto: la bella intuizione ‘da rigattiere’ della Serva amorosa goldoniana (sempre in Umbria e con la Guarnieri) diventa qui ravvicinata analisi al microscopio. Gianfranco Capitta, Il Manifesto
La Locandina
regia di Luca Ronconi
con Annamaria Guarnieri, Giulia De Berardinis, Anna Gualdo, Ciro Masella, Michele Nani, Franca Penone, Francesco Rossetti, Francesco Rossini (dall’edizione 1998/99 sostituito da Emiliano Bronzino), Anna Stante
scene di Marco Capuana
costumi di Gabriele Mayer
maschere di Salvatore Placenti
luci di Sergio Rossi
direttore dell’allestimento Pietro Pagnanelli
regista assistente Paolo Castagna
Teatro Stabile dell’Umbria – Teatro di Roma
Info
regia di Luca Ronconi
con Annamaria Guarnieri, Giulia De Berardinis, Anna Gualdo, Ciro Masella, Michele Nani, Franca Penone, Francesco Rossetti, Francesco Rossini (dall’edizione 1998/99 sostituito da Emiliano Bronzino), Anna Stante
scene di Marco Capuana
costumi di Gabriele Mayer
maschere di Salvatore Placenti
luci di Sergio Rossi
direttore dell’allestimento Pietro Pagnanelli
regista assistente Paolo Castagna
Teatro Stabile dell’Umbria - Teatro di Roma
Nella vasta (e pressoché onnicomprensiva) tipologia teatrale di Ronconi, queste Memorie possono forse essere inserite nei ‘racconti’, quelle messinscene ampie (a prescindere dai metri-quadri) dove il piacere affabulatorio investe i personaggi e le loro parole non meno che le strutture, gli apparati e gli oggetti di scena. Vicine, se è lecito l’esempio, a quel Ruy Blas di Victor Hugo, avvincente come è Hugo e avviluppato in un labirinto di sipari atteggiati in ogni foggia e dimensione. Anche qui i tempi sono quelli della grande narrazione (ma forse si potrebbe in certi tratti serrarli), e c’è un ambiente claustrofobico di ‘interni’ (come è ovvio dato il tema), che respira e vive, anche quando non lo dà a vedere. Mobili su mobili riempiono la scena di Marco Capuana, su ogni parete compreso il soffitto: la bella intuizione ‘da rigattiere’ della Serva amorosa goldoniana (sempre in Umbria e con la Guarnieri) diventa qui ravvicinata analisi al microscopio. Gianfranco Capitta, Il Manifesto
Stagioni precedenti
— Umbertide, Teatro dei Riuniti, Sab 20 Set