Attratto da un canto antico, il pubblico viene accolto in una stanza dove panni stesi, tavolo e letto ricordano un basso napoletano. Nello svolgersi della giornata scandita dagli indumenti da stirare e dalle tensioni domestiche, una donna racconta alla figlia la sua vita, prima in convento, poi da maritata e in fine da puttana. Veniamo quindi a conoscenza, con dovizia di particolari, degli sconvenienti comportamenti tenuti dalle monache e delle piccanti tresche ordite dalle maritate. Infine, la donna ricorda la sapiente “arte” delle puttane insegnandone alla figlia le astuzie e fornendoci la sua morale: “I vizi de le puttane sono virtù”. La particolarità del linguaggio, l’italiano antico di Pietro Aretino, dà sapore e spessore alle discrezioni scabrose e piccanti, regalando al pubblico divertimento assicurato. “…Anche la spudoratezza, il linguaggio più corrotto e scabroso, la licenziosità più carnale e iperbolica possono vantare una grazia spettacolare, ed è quanto accade in questa gemma di discorso amoroso…Il Mestiere de le Puttane, con regia fine e romanzesca di Lorenzo Salveti, con impeccabile passione esternatoria dell’abbagliante Liliana Randi…Un piccolo manuale trasgressivo e umano che è una ghiottoneria…” Rodolfo di Giammarco, la Repubblica